''Niente frutti'' di Rosy Romeo

Pubblicato il da Rosy e Salvo

''Niente frutti'' di Rosy Romeo

Niente frutti

In quel tempo, si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: “Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Siloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”.

Diceva anche questa parabola: “Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”.

(Lc 13, 1-9)

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Ieri come oggi. Quando si sente parlare di incidenti, si è tentati di pensare che forse chi ne è vittima ha meritato la disgrazia. I contemporanei di Gesù ne erano fermamente convinti. Per loro chi subiva una sciagura o era affetto da una malattia grave, era sicuramente colpevole di qualcosa agli occhi di Dio o discendeva da genitori colpevoli. Questa mentalità sotto sotto ha del comico perché, a dirla tutta, siamo tutti peccatori, quindi colpevoli dinanzi a Dio, per cui il genere umano dovrebbe essere già estinto da un bel pugno di secoli, anzi proprio dall’inizio. Il Creatore, che tutto sa in anticipo, non avrebbe potuto raccomandare ai primi uomini di riempire la terra. Misteri della presunzione umana! L’uomo è stato sempre pronto a indagare sulle colpe degli altri e a giustificare se stesso. Per questo Gesù chiarisce, ieri come oggi, che le disgrazie non succedono per punire gli uomini dei propri misfatti; tuttavia avverte che i peccati non resteranno impuniti. Tale ammonimento nei giorni nostri risulta molto scomodo e in tutti i modi si tenta di accantonarlo. Si esalta a oltranza la misericordia divina, cosa giustissima, ma si omettono i richiami che comunque sono riportati nel Vangelo.

Anche in questo brano, in cui Gesù mostra il suo disappunto nei riguardi di Israele, il popolo eletto e infedele, il riferimento alla giustizia divina è chiaro: taglia quell’albero, eliminalo, esso non ha più ragione di esistere, perché, se non fruttifica, impoverisce il terreno succhiandone inutilmente le sostante a danno delle altre piante. Esso è come quei tali che camminano tronfi nelle piazze, saturi di preghiere, rigogliosi di fronzoli inutili come osservanze di precetti e feste religiose, imbottiti di nozioni bibliche destinate a dormire nel ripostiglio della mente senza che sia concesso loro di scendere a fecondare il cuore. Ciò nondimeno restano infruttuosi. Essi non si lasciano toccare da tutto ciò che ascoltano e mostrano di professare, rimangono spiritualmente sterili e con il loro stesso esistere danneggiano le anime semplici che li osservano cercando in loro, così devoti, la testimonianza di una fede che faticano a trovare. Trovando i falsi religiosi uguali a loro nello svolgimento della loro vita, finiscono per concludere che non ha nessun fondamento la fede proclamata con le parole e i gesti e che possono fare a meno di tante cerimoniose ipocrisie. Una bella responsabilità! Come può infatti evangelizzare chi rimane fermo nelle sue cattive abitudini, chi resta cieco e sordo di fronte alle sofferenze dei fratelli, chi fa di tutto per arricchirsi e far concorrenza a Paperon de’ Paperoni, per conquistare un posto più in alto dei suoi simili? Purtroppo, come gli scribi e i farisei ai quali si rivolgeva spesso Gesù, anche noi cadiamo spesso nell’illusione di essere a posto con la nostra coscienza e dinanzi a Dio, limitandoci a soddisfare determinate tradizioni da devoti, e in questo non si salvano neanche tanti consacrati. Che dire di un prete che dedica tutte le sue energie fino a sfiancarsi per organizzare la festa del Patrono della città, ma lascia il confessionale vuoto?

Alla stessa maniera un cristiano che corre per non giungere tardi a una processione, ma non si accorge nemmeno del fratello che gli chiede un aiuto, sia esso un mendicante o un malato o una persona triste che ha bisogno di una spalla per piangere, è un albero forse bello a vedersi, ma infruttuoso, degno solo di essere tagliato.

Fortunatamente c’è un vignaiolo che vuole continuare a zappare attorno a noi per un altro anno, cioè per tutta la durata della nostra vita, cercando di nutrire bene le radici, donando la sua carne e il suo sangue per concimarci, e ostinarsi, per un eccesso d’amore, ad avere fiducia in noi. Sta a noi accettare le sue cure e corrispondervi o, ahimè, rifiutarle e fare di testa nostra per scoprire troppo tardi quanto siamo stati stolti.

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