"Novità" di Rosy Romeo

Pubblicato il da Rosy e Salvo

Novità


Quando Giuda fu uscito (dal cenacolo), Gesù disse: “Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13, 31-35).


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Quando c’è una partenza, un distacco dalla propria famiglia o dal contesto in cui si è vissuto normalmente, ci sono di solito le ultime raccomandazioni. Immaginiamo un insegnante che ha curato i suoi alunni con tutta la sua competenza, sfruttando tutto il bagaglio culturale che ha acquisito nel corso dei suoi studi, e alla fine se ne deve distaccare perché è stato trasferito in altra sede o semplicemente perché la classe è giunta al traguardo. E’ logico pensare che si accomiati da loro con l’ammonimento di non dimenticare le sue lezioni e di metterle in pratica nella vita.
Ben più di un insegnante c’è qui! Per Gesù, che ha dedicato la sua vita terrena a chi ha voluto seguirlo, donandosi totalmente, che ha impartito lezioni su un’unica materia, l’amore, e l’ha fatto con parole e opere, giunge ora il momento fatidico del distacco dai suoi. Fa loro una consegna importante: la prescrizione dell’amore, un amore visto da un’angolatura particolare, fino ad allora sconosciuta che forse è rimasta tale fino ai giorni nostri. Proprio così. Un medico per la guarigione del corpo prescrive delle medicine. Gesù per la salvezza dell’anima prescrive l’amore. Possiamo pensare che si tratta di una esortazione superflua essendo un sentimento che conosciamo bene. Ognuno di noi ha nel suo cuore una schiera di persone amate: i familiari tutti, ascendenti e discendenti, gli amici, i bambini, certe persone simpatiche e garbate. Nei nostri limiti distribuiamo favori a chi ce li chiede, facciamo elemosine, ci commuoviamo per le disgrazie altrui spremendo addirittura qualche lacrimuccia per i casi più toccanti.
Già nell’Antico Testamento troviamo il richiamo all’amore: “Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso” (Lv 19, 18) e in Marco ci viene presentato il comandamento dell’amore, prima verso Dio e poi verso l’uomo: “E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più importante di questi” (Mc 12, 31).
Che senso ha dunque l’invito pressante del Maestro ad esercitare un sentimento già conosciuto?
In realtà la novità non sta nell’annuncio di un amore suscitato da un’emozione o dai meriti del nostro prossimo, né da un’attrazione terrena che spesso confonde gli animi. No, non sta in questo la novità, ma nel modo di amare. “Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri”. “Come”. E’ il termine di paragone fra il nostro amore e quello di Gesù. Noi abbiamo delle buone predisposizioni verso gli altri, ma se non veniamo ricambiati, il nostro amore si raffredda, si riduce via via fino a scomparire. In fondo amiamo chi pensiamo che meriti le nostre attenzioni e questo perché ci lasciamo comandare dalle emozioni. Invece l’amore che vuole il nostro Signore non è dettato dall’emotività, ma dalla volontà. Egli non ci ama per i nostri meriti o perché siamo belli e intelligenti e nemmeno perché facciamo i buoni. Ci ama perché questa è la sua essenza. Ama i precipitosi sconsiderati e paurosi come Pietro, gli increduli che hanno sempre bisogno di prove come Tommaso e persino i traditori come Giuda. Ama tutti fino alla morte. Oserei però dire che l’amore di Gesù non è zuccheroso, non cede a sdolcinatezze che indeboliscono gli animi; è piuttosto severo, invece, perché vuole forgiare anime forti, che non cedano alle tentazioni del maligno, non scappino di fronte alle prove e non si lascino toccare dalle inevitabili delusioni fornite da chi si contrappone al loro amore.
Non ci chiede altro il Signore, amore gratuito verso amici e nemici, chi comprende e chi volta le spalle, chi ci accoglie e chi ci volta le spalle, un amore che attingendo a quello del Maestro viene donato anche a costo della persecuzione. Non dobbiamo nemmeno chiederci cosa fare per mostrarlo agli altri, perché se restiamo immersi in Lui, possiamo comprendere benissimo cosa vogliono esprimere le parole di Sant’Agostino: “Ama e fai ciò che vuoi”. Saremo capaci allora di vedere il fratello come creatura meravigliosa, opera e dono del buon Dio, anche quando ci fa del male. Non è questo che noi facciamo in continuazione al nostro Signore? Eppure siamo amati!





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