Meditazione sul ''Padre nostro '' di Rosy Romeo

Pubblicato il da Rosy e Salvo

Padre Nostro

Quante volte recitiamo questa preghiera durante le nostre giornate! La diciamo tante di quelle volte che dimentichiamo di pregarla, trasformandola così in una semplice devozione. Dico quest’orazione, qualche minuto, e sono a posto col Signore! Non facciamo caso che è soprattutto vita. Confrontiamoci con quel grande santo che tutti ammiriamo su questa questione. Parlo di San Francesco. Una sera volle fare una gara con fra’ Masseo; lo sfidò a recitare quanti più “Padre nostro” possibili curando di contarli con i sassolini. L’indomani fra’ Masseo mostrò giulivo le mani piene di sassolini e S. Francesco lo lodò perché lui non ne aveva recitato neanche uno. Infatti si era fermato alla prima parola, “Padre”, contemplandola e andando in estasi tutta la notte.

PADRE! Innanzitutto c’è da dire che Gesù parlava in aramaico e, in quella lingua, diceva “Abbà”, non per significare un formale “padre”, ma un confidenziale “papà”. E’ il richiamo del bambino verso chi lo ha generato e veglia su di lui. Ed è naturale che fra padre e figlio vi sia un amore che unisce in una relazione confidenziale, riconoscendo una certa identità. Fanno parte della stessa famiglia, il padre trasferisce al figlio le sue conoscenze e la sua mentalità cosicché, se veramente c’è unione fra i due, capita di parlare con uno pensando all’altro. Come si suol dire: tale padre, tale figlio. Se è così nella famiglia umana, quanto più in quella divina! Gesù si esalta quando si rivolge al Padre: “Io ti rendo lode o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così ti è piaciuto” (Mt 11, 25-26). Conosce già la sua decisione quando prega per l’amico Lazzaro. Dice che ha già contato i capelli del nostro capo. Si dona nel Giardino degli Ulivi con la sicurezza, pur dolorosa, di chi sa che il Padre decide il meglio per chi ama. Gli raccomanda i suoi con decisione: “Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io” (Gv 17,24). Dice “voglio” perché ha piena fiducia nell’ascolto accondiscendente del Padre. Non esita a presentare la sua misericordia con la parabola del figliol prodigo perché ne conosce la profondità del cuore. L’amore li lega a tal punto da essere l’uno nell’altro, da essere Uno, fino a dare la garanzia che il Padre ascolta le preghiere fatte nel suo nome.

Ma dice anche “nostro”, quindi suo e mio, mio e tuo, nostro … vostro … di tutti. Tutti nella stessa famiglia. Che strano, diciamo tranquillamente “Padre nostro” e non pensiamo che è il Padre anche di chi ci offende o ci schernisce o semplicemente ci ignora. Sono tutti fratelli nostri, tutti figli del Padre, tutti “Barabba”, come noi. Anche se siamo soli a pregare il “Padre nostro”, stiamo intercedendo a favore di tutti i nostri fratelli, per tutti offriamo e chiediamo, a nome di tutti riconosciamo in Dio il nostro Padre in cielo e in terra e crediamo che, come tale, ha disposto un disegno particolare per ognuno. Riconoscersi come suoi figli significa accettare questo disegno e uniformarsi a esso, anche quando questo non soddisfa i nostri canoni di felicità. Sempre dobbiamo tenere presente che un programma di educazione è spesso incomprensibile e doloroso per un educando, ma necessario in vista di un bene futuro. E’ un dire a Dio: “Sì, so bene di non capire qual è il mio bene, ma so che ci sei Tu a indicarmi la strada per raggiungerlo, perché dall’eternità mi conosci meglio di mia madre, meglio di me stesso. Allora grazie perché dall’alto dei cieli ti pieghi sulla mia piccolezza e ti prendi cura della mia anima. In Te è tutta la mia fiducia. Ecco, tutto questo è racchiuso in quella invocazione. Quando diciamo “Padre”, dunque, ci stiamo presentando non come magistrati o contadini o insegnanti, teologi, casalinghe, ma come figli tutti uguali, tutti peccatori, tutti amati. Se apriamo le nostre mani e le solleviamo verso il cielo e preghiamo il “Padre nostro”, è come se su quelle mani ci fosse tutta l’umanità e in nome di tutti stiamo accettando i suoi doni. Siamo fratelli di Gesù e come tali siamo suoi coeredi e viviamo all’interno della famiglia trinitaria. In una società che non dà motivi di speranza, diamo spazio allo Spirito Santo e in Lui gridiamo “Abbà”, “Papà”, solo in Te la nostra speranza.

rosy romeo

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